Al momento stai visualizzando Emergenza medici: dai Pronto Soccorso ai Medici di base, carenze gravi e insostenibili

Bologna – 22 settembre 2022 – Il capogruppo di RETE CIVICA – Progetto Emilia-Romagna Marco Mastacchi ha presentato alla Presidente dell’Assemblea legislativa e alla Giunta Regionale un’interrogazione per chiedere interventi urgenti che mirino a trovare risposte alla già drammatica e progressiva carenza di personale medico in ogni settore della sanità pubblica.

Da mesi i Pronto Soccorso sono sotto pressione e vivono una situazione di pressing legato soprattutto a un problema territoriale: la carenza di medici di base sul territorio porta i cittadini a rivolgersi ai Pronto Soccorso, anch’essi in sofferenza di personale medico, congestionandoli. È palesemente saltata anche l’integrazione territorio-ospedale che faceva sì che il paziente non fosse abbandonato a sé stesso e fosse seguito, una volta dimesso e nelle varie necessità sanitarie,
dal medico di medicina generale, dai servizi territoriali dell’azienda AUSL, dai PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici). Anche l’inserimento della nuova figura dell’infermiere di famiglia dovrebbe inserirsi in una strategia ben definita del territorio, che preveda il coordinamento con il medico di base, per risolvere le criticità dei nostri distretti.

In data 1 agosto 2022, la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha annunciato il via libera all’intesa con i sindacati dei Medici di Emergenza Territoriale (MET), medici specializzati che operano a stretto contatto con il 118 e il Pronto soccorso, per garantire un’assistenza medica tempestiva ed efficace in caso di urgenze. L’accordo prevede incentivi economici per i medici disponibili, su base volontaria, a operare nell’ambito dei servizi di emergenza sanitaria territoriale, ma da solo non può rispondere alla carenza di personale qualificato e va accompagnato da un aumento del personale in organico in grado di operare in un Ps. Soltanto pochi giorni fa, 65.000 candidati hanno svolto i test d’ingresso a medicina e chirurgia, a fronte di 15.876 posti disponibili. La carenza di medici del sistema sanitario potrebbe trovare una soluzione per il futuro nell’abolizione del test di ingresso, lasciando il compito della selezione, come succede in altri Paesi europei, alla difficoltà del corso stesso.

Serviranno anni prima di vedere uscire dalle scuole di specializzazione un numero sufficiente di specialisti, e questo grazie a una pessima programmazione del passato che ha ignorato le fuoriuscite per pensionamento. Nell’attesa, le Aziende sanitarie provano a tamponare come riescono, ad esempio con il ricorso ai medici a chiamata forniti da service esterni (società e
cooperative). In molti casi i “medici a gettone” dei Ps sono pensionati o ex ospedalieri che hanno mollato il pubblico, liberi professionisti con anche specializzazioni di altro tipo o specializzandi o neolaureati senza specializzazione, che sono estranei alle procedure cliniche dell’equipe, ai percorsi assistenziali del reparto e dell’intero ospedale. Il personale dipendente, medici e
infermieri, è da anni sotto stress e con centinaia di ore di straordinario accumulate nei dipartimenti di emergenza-urgenza, con turni massacranti e senza gli aumenti salariali promessi. In Italia un medico guadagna in media 80mila euro lorde l’anno, mentre in Francia e Germania 120mila, in Gran Bretagna anche 130mila e in Olanda 200mila.

Marco Mastacchi - Consigliere regionale dell'Emilia-Romagna

Mastacchi interroga la Giunta regionale e l’Assessore competente per sapere se e come intenda attivarsi per evitare che molti medici e infermieri scappino dai PS a causa della mole di lavoro con turni che, per intensità, non sono paragonabili a quelli di nessun’altra figura medica. Chiede inoltre se non ritenga opportuno procedere, nell’ immediato, alla liquidazione di almeno la metà degli straordinari maturati, per incentivare chi ancora resiste per senso del dovere e responsabilità e se intenda potenziare i servizi di emergenza-urgenza fornendo a tutti i Ps del territorio, in base al numero di accessi all’anno, il numero di medici adeguato e coadiuvati dal giusto numero di infermieri per garantire la massima efficienza dell’unità operativa territoriale.

Altri interrogativi riguardano l’attivazione a livello territoriale, come promesso in più sedi, i percorsi diagnostici terapeutici che accompagnino i pazienti fino alla guarigione con il supporto attivo dei medici di medicina generale, il tutto all‘interno di una strategia territoriale integrata con gli ospedali e l’eliminazione del numero chiuso ai corsi di laurea di medicina e chirurgia, a favore di una selezione che potrebbe essere fatta, come succede in altri Paesi europei, durante il primo anno di corso e non con una selezione per l’ingresso in Facoltà.